Quo vadis?, il romanzo storico pubblicato da Henryk Sienkiewicz nel 1894, racconta una storia che si svolge ai tempi di Nerone e che ha per protagonista un giovane patrizio romano, Vinicio, il quale si innamora di Licia, la figlia di un re svevo data in ostaggio ad una famiglia patrizia convertita ai valori del Cristianesimo, la quale ha educato anche la giovane alla nuova fede. Disperando di averla e ignorando che ella segretamente lo ama, egli chiede allora l’aiuto di un suo congiunto, l’elegante, raffinato e scettico Petronio, il quale, amico e favorito di Nerone, induce l’imperatore a sottrarre la fanciulla alla famiglia che l’ospitava per consegnarla nelle mani del suo ardente spasimante. Ma Ursus, il gigante e fedele schiavo di Licia, libera la sua padrona, che si rifugia presso una comunità cristiana; Vinicio allora, grazie all’astuzia di un parassita greco, Chilone Chilonide, riesce a rintracciarla, ma, una volta venuto a contatto col “verbo” cristiano, si converte anch’egli. Nerone, nel frattempo, che ha ordinato l’incendio di Roma per trarre da quello spettacolo ispirazione per un canto sull’incendio di Troia, sbigottito dall’ira della plebe e per suggerimento dello stesso Chilone ne dà la colpa ai cristiani. La persecuzione, dunque, comincia: Licia è imprigionata e destinata al circo, ma, quando appare nell’arena, legata alle corna di un bufalo selvaggio, e il fedele Ursus, slanciatosi sull’animale, riesce a fiaccarlo, il popolo chiede la grazia per lei e per il suo salvatore e Nerone è costretto a concederla. Vinicio e Licia possono così coronare il loro amore fiorito alla luce della nuova fede. Petronio, invece, si darà la morte più tardi, mentre il truce e sanguinario imperatore verrà “rovesciato” e ucciso. Romanzo storico di stampo classico, ad un tempo fortemente popolare ed insieme sapientemente costruito, tradotto all’epoca in moltissime lingue (fu, probabilmente, il libro più diffuso tra la fine del secolo e i primi del novecento), Quo vadis adombra allegoricamente, nella descrizione della società ormai in disfacimento della Roma imperiale e nel conflitto da quest’ultima ingaggiato contro la nascente e ancor “catacombale” religione cristiana, le vicissitudini della Polonia oppressa dalla Russia Zarista; ma, d’altro canto, se ancor oggi esso continua ad affascinare un grande numero di lettori, ciò è dovuto principalmente al fatto che contiene alcuni splendidi ritratti: da quello dello stoico e magnetico Petronio a quello del greco Chilone, filosofastro subdolo e senza scrupoli che, folgorato a un tratto dalla luce della fede, diviene capace di affrontare addirittura il martirio; dalla carismatica figura dell’apostolo Pietro all’anonima folla della plebe romana che, al pari del coro nell’antica tragedia greca, fa da sfondo e commento a tutta la vicenda.
Ben Hur, il romanzo storico pubblicato da Lewis Wallace nel 1880, ha per protagonista un giovane ebreo discendente da una ricca e illustre famiglia di Gerusalemme, Ben Hur appunto, sul quale si abbatte un giorno la sfortuna: infatti, per un banale incidente accaduto al governatore romano Grato, uomo senza scrupoli totalmente inviso alla popolazione, sia lui che la madre e la sorella vengono imprigionati e i loro beni confiscati anche grazie alla cattiveria e alla cupidigia del giovane patrizio Messala, protervo e vizioso amico d’infanzia di Ben Hur. Ed è proprio mentre sta per essere condotto alla “galera” ove dovrà scontare la sua pena come schiavo ai remi, che Ben Hur incontra per la prima volta il Nazareno, il quale, vistolo in catene ed assetato, pietosamente gli porge dell’acqua e lo disseta. Più tardi, dopo il naufragio della nave ed il suo coraggioso salvataggio del diunviro Quinto Arrio, Ben Hur viene da quest’ultimo adottato come figlio e condotto a Roma, dove per cinque anni è allevato ed istruito come si conviene ad un patrizio romano: sia nel corpo – attraverso esercizi fisici – che nello spirito. Tornato poi in Oriente per ritrovare la madre e la sorella e vendicarsi di Messala, trionfa in una gara di quadrighe che si svolge nel circo di Antiochia, nel corso della quale compie anche la sua vendetta, riuscendo a rovesciare la quadriga del suo perfido nemico, che finisce calpestato dai cavalli. Nel frattempo, durante la domenica delle Palme, Gesù ha guarito, dopo la loro liberazione, sia la madre che la sorella dalla lebbra contratta in carcere. La famiglia, così, si ricompone; ma il loro benefattore, il Cristo, l’atteso re che doveva rialzare per sempre le sorti dell’oppressa Giudea, viene condannato a morte dal suo stesso popolo. La storia si avvia così ad una rapida conclusione che culmina con la conversione di Ben Hur. Conosciuto in tutto il mondo grazie al film diretto nel 1959 da William Wyler, Ben Hur è un romanzo storico di forte intensità drammatica – basti pensare al memorabile apice narrativo costituito dalla scena delle quadrighe – e dal carattere fortemente apologetico che l’autore decise di scrivere per difendere il cristianesimo dagli attacchi degli scettici e dei non credenti e per esaltarne il mistero incarnato nella duplice natura, umana e divina, del Cristo.